Perché la vittima di quelle che si definiscono relazioni tossiche o di un comportamento violento di una persona che professa amore nei suoi riguardi continua a restare dentro quella dinamica relazionale senza andarsene?
La risposta banale orientata alla relazione causa effetto è in questo caso molto limitante.
E’ vero che il buon senso ci porterebbe ad affermare “beh, se lui o lei ti trattano male, semplicemente allontanalo!”, eppure i fattori emotivi e psicologici connessi a questa dinamica sono molto molto delicati. Per questo le chiamano relazioni tossiche.
Partiamo anche da un presupposto essenziale: quelle che si definiscono come relazioni tossiche (e a tutti gli effetti è un modo di dire per evidenziare uno sbilanciamento nella coppia) non nascono come tali ma lo diventano.
La relazione funziona tuttavia gradualmente le funzioni affettive perdono quell’equilibrio o ancora non riescono a completarne la configurazione e quindi questo sbilanciamento inizia a generare sofferenza in uno o in entrambi i partner. Ecco come le relazioni diventano relazioni tossiche.
Cosa succede nella vittima? Perché, spesso, anche ricevendo insulti, botte, umiliazioni e denigrazioni questa continua a restare mano nella mano con il suo partner aguzzino?
Oppure immaginiamo una figlia abusata dal padre nel clima connivente della propria famiglia: perché lei permette a quello stesso padre di accompagnarla all’altare nel giorno del suo matrimonio? Dovrebbe essere ferita, arrabbiata, furiosa, vendicativa e invece no, tutto sembra accadere normalmente, come se niente le fosse successo.
La risposta, come avrai inteso, non è univoca e le variabili in gioco sono moltissime: il sé e l’identità personale sono spesso danneggiati da una gamma di emozioni quali colpa, paura per le conseguenze su altre figure familiari, dipendenza affettiva o economica, la speranza che il partner o la figura abusante possa cambiare tornando ad incarnare quel valore ideale del principe azzurro, un valore misericordioso verso il prossimo che implica un tema di accudimento (senza di me lui non può farcela).
O ancora il desiderio è quello di cambiare o salvare il partner con l’intento di modificarlo o ancora di essere proprio l’elemento che può generare in lui o in lei cambiamento.
Ma noi non possiamo mai cambiare gli altri. Noi possiamo intervenire sul nostro modo di relazionarci con gli altri. E quando il vissuto genera continuamente dolore allora diventa importante interrogarci su cosa quella relazione ci stia dando.
Spesso i sentimenti della vittima verso il proprio aguzzino sono profondamente ambivalenti: si prova amore per un padre abusante, ma anche disprezzo e questa battaglia emotiva guidata dal contraddittorio renderà molto molto difficile per la vittima demarcarsi dal suo aguzzino.
In alcuni casi può manifestarsi una vera e propria Sindrome di Stoccolma tra la vittima e l’aguzzino, quindi la vittima vivrà in uno stato di dipendenza psicoaffettiva e mostrerà un sentimento positivo verso l’aggressore fino a diventarne complice sottomessa e si instaurerà una vera e propria relazione di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice.
Una donna su tre dichiara di aver subito violenza nel corso della sua vita ma solo il 12% è arrivata a denunciare. Solo una donna su due all’interno delle relazioni tossiche si stacca dal partner aguzzino entro otto anni.
I fattori come la paura di reazioni disastrose del partner come l’omicidio, lo stalking, la presenza di figli e uno stato di dipendenza economica sembrano i fattori principali che mantengono in essere queste relazioni tossiche.
Inoltre anche una specie di visione di sé come figura salvifica dell’altro porta ad una specie di missione ostinata perché l’altro possa cambiare in uno stato di totale negazione della violenza subita.
Uscire dalle relazioni tossiche si può! Se sei intrappolata in questo tipo di relazione chiedi aiuto ad uno Psicologo o chiama il numero rosa 1522 perché puoi tornare a respirare con i giusti strumenti e validando finalmente i tuoi bisogni, partendo da te e dalle tue risorse.
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